RIFLESSIONE│L’attacco alla Tradizione: «Io non chiedo perdono»
A ben vedere la perdita della rotta è evidente ma pochi sembrano averne sentore. La sacralità della vita è persa. L’essere umano è minacciato da ogni parte: politiche genocide incontrano l’indifferenza di chi si straccia le vesti per i motivi più futili alimentando l’ipocrisia e la distrazione di massa di un regime globalista e anti-umano che sin dal 2020 ha smesso di nascondersi.
La via è segnata: tutto deve portare a snaturare l’umanità a fini commerciali, gli uomini sono in vendita anche il loro futuro lo è, la spiritualità è inesistente e anche la tradizione delle leggi naturali è negata osteggiata, censurata e bandita. L’uomo senza Natura è orfano della morale; l’uomo senza Tradizione e senza un dio non ha limiti, quindi capace di tutto, di ogni nefandezza anti-vita.
I grandi sistemi di pensiero religioso e spirituale sono lontani dai pensieri della gente moderna; è roba da matti, da fanatici, da bizzarri, sono discorsi di cui vergognarsi. In questa deriva sono complici le religioni organizzate che non hanno esitato a far entrare i mercanti nel tempio.
Eppure è ormai incontrovertibile che la frequentazione con la dimensione spirituale porta l’uomo al bene-essere e lo sa fin da quando l’uomo “Sensiente” esiste. Nonostante tutto si preferisce vivere nel male-essere traviati da chi abbindola la massa con un altro diabolico inganno sempre diverso e per tutti i gusti, utili solo a dividere gli uomini dagli gli uomini, e gli stessi uomini da Dio-Natura.
Si potrebbe dire, per chi ha orecchie per intendere, che il dominante materialismo amorale tarpa le ali di Thot e Hermes, ammutolisce il Logos, oscura il Cristos, perde il Qi del Tao, non vede il Dharma, nega il Ruach.
Ma perché? Tutti i sistemi di pensiero antichi erano strutturati come religioni che proponevano visioni non duali, unificanti alla luce e nella sostanza di un’unica entità eterna in cui l’umanità doveva riconoscersi; una entità non astratta ma reale e riconoscibile nella Natura e nelle sue immutabili leggi nelle quali l’uomo riconosceva la sua essenza e con esse viveva in armonia.
Ma tutto ciò sembra perso. Sembrava perso sin dai tempi di Platone, in vero: già lui metteva in guardia gli uomini dalla deriva che stava portando l’umanità lontana dal solco sacro e concreto delle leggi della Natura. Ad oggi il declino sarebbe stato insopportabile al filosofo più del tradimento di Aristotele.
La moderna visione dell’esistenza, il consumismo, nonostante gli ipocriti buonismi, le sue pretese, sempre smentite, dalla realtà di progresso e avanzamento non sono una religione pur tuttavia molti la credono tale, e sono stati disposti a vendere l’anima per questa perversa forma di fanatismo materiale.
Pochi si accorgono che nella religione del consumo materiale è solo l’ego (che separa gli uomini = diabolico) a svilupparsi in modo abnorme senza che questo possa bilanciarsi con la vera forza espressa sotto forma di Compassione rivolta al prossimo e alla Natura divina. Eppure, è sotto gli occhi di tutti: un simile male-essere crea fratture, ferite e sofferenza e, nello stesso tempo, sviluppa un ego non razionale, cosciente della propria individualità ma non intelligente.
Ecco la vera origine del degrado del pensiero che ci circonda e ci pervade i questa sciagurata epoca storica. Tale decadenza è alimentata inculcando e inoculando convinzioni fasulle, spesso velenose, sentimentalismi irrazionali, togliendo intelligenza ai sentimenti al posto di convinzioni intelligenti, ragionate, realmente consapevoli.
Oggi si vedono persone che credono di essere sensibili sostenendo pratiche come l’aborto, gli uteri in affitto (uteri prostituiti), il divorzio e l’eutanasia e ogni altra negazione della vita biologica e sociale. Si vedranno le stesse persone commuoversi davanti ai sacrifici programmati di disperati in mare; sacrifici voluti e necessari per addomesticare l’opinione pubblica affinché le politiche di ibridismo e di distruzione sociale e di cancellazione culturale possano continuare senza intoppi.
Dall’interno, tale disfacimento si alimenterà attraverso la corrosione del patto sociale tra uomo e donna riducendolo ad una contrapposizione di sessi e snaturandola del divino che in realtà simboleggia e conserva; si distruggeranno le famiglie minando, sin dalle fondamenta naturali, la società stessa che ci accoglie e identifica.
Nasceranno, così, generazione di figli sbandati e senza identità più facilmente assoggettabili alla religione del mercato. E così, sempre in nome della materia, si vedono persone inconsapevoli che credono di combatte per i diritti delle donne, delle mamme e dei fanciulli andando a predicare che tutti i maschi sono violenti, che i padri non hanno diritti creando divisioni su base sessista e culturale, esprimendosi con violenza e arroganza.
La cultura del divisionismo, che distingue gli esseri umani per categorie, veicola soltanto violenza, odio, mancanza di rispetto per l’altro, con l’enorme aggravante che tutto ciò è avallato e certificato dalle massime istituzioni e dagli “intellettuali”, oltre che da una folla oceanica di “benpensanti”, o meglio “beotipensanti” che rende davvero dittatoriale, totalitario questo regime di pensiero unico e omologato, questa neoinquisizione.
Si sente parlare tranquillamente, senza tema di provare ribrezzo, anche tra gli pseudo intellettuali e negli ambiti accademici, di “violenza di genere”, “linguaggio di genere”, “cultura di genere”, “studi di genere”, addirittura “letterature e poesia di genere”, insinuando che i comportamenti sociali, la moralità, l’etica, le capacità intellettuali ed emozionali, e persino le capacità espressive di un essere umano possano attribuirsi al suo sesso. Quale idiozia.
Secondo la delittuosa teoria del “gender”, il sesso “percepito” è diverso da quello biologico, e donna, uomo o “altro” si diventa, non si nasce. La questione investe anche il linguaggio: si stanno plasmando non solo nuove norme sessuali ma anche le narrazioni che le accompagna, pervertendo il genere grammaticale con una scrittura “inclusiva”, “non binaria” o “gender fluid”.
Oggi, l’idea che si nasca maschi o femmine, che i primi abbiano cromosomi XY e le seconde XX, che la differenza sessuale sia biologica e reale, che soltanto le donne possano dare alla luce un bambino non è più così ovvia.
Il tutto apre la strada alla sodomia Lgbt (e tante altre lettere in un acrostico meschino che presto comprenderà P di pedofilia e Z di zoofilia) avanzando l’idea che tali atteggiamenti sono presenti in natura e facendo finta di dimenticare che la Natura a cui l’uomo si rivolge come guida morale e sociale non è quella dei trichechi. Che lo si ribadisse anche nelle scuole: l’uomo non è un tricheco.
Sembra, finalmente, che dopo l’ormai celeberrima morte di Dio dichiarata da Nietzsche sia venuto anche il momento della morte dell’Uomo, annunciata da Foucault, come lo svanire di un volto tracciato sulla sabbia.
Ma l’abisso non finisce: si insinua e si veicola, apertamente, nella coscienza di tutti, a partire dai giovani nelle scuole obbligati alla dottrina dettata da un padre (mediaticamente costruito) distratto e anaffettivo e sa Dio cos’altro, che “maschio” e “femmina” siano razze diverse da contrapporsi, che il “femminicidio” sia da considerarsi cosa diversa e più grave di qualunque altro “omicidio”, che esista o che sia esistita in passato una qualche cultura malvagia nata per effetto soltanto dell’esistenza di esseri umani di sesso maschile.
Si vorrebbe convincere la gente che la violenza che gli esseri umani hanno da sempre sparso in lungo e in largo su questo pianeta sia stata generata esclusivamente dall’esistenza di esseri “cattivi” in quanto provvisti di genitali maschili invece che femminili, esseri tarati che avrebbero messo su, da soli e in virtù della propria malvagità “di genere”, una società della violenza di cui l’altro sesso sarebbe stato semplicemente vittima.
Si vorrebbe convincere la gente che nascere maschio significa, a tutti gli effetti, essere di razza inferiore, e che quindi un tale individuo necessiti di essere “educato” a una cultura più avanzata: quella che oggi sarebbe fondata dal femminismo, dalla società anti-patriarcale.
Nulla di più lontano dal femminino è il femminismo che ha convinto le donne a mortificare famiglia e figli per sperare di realizzarsi in un lavoro maschile che le vede sempre perdenti, eternamente a rincorrere, sempre insoddisfatte e incomplete: categoria protetta ridotta ad una quota rosa. Come non si riesce a capire l’inganno?
Si vorrebbe far credere che il patriarcato, che antropologicamente non è stato altro che un’organizzazione familiare che assegnava dei ruoli precisi ai componenti della famiglia, assegnando al padre il ruolo di capofamiglia, sia stato la causa di ogni male dell’umanità, depositario di una cultura inferiore soltanto da disprezzare ed eliminare.
Si insinua in questo modo che tutti i padri di famiglia del passato, tutti i componenti maschi delle famiglie del passato, siano stati soltanto una sentina di cattiverie verso le donne, di violenza, di malvagità trasmessa geneticamente e culturalmente. Si offende in massa la memoria di miliardi di persone, di lavoratori eroici, di gente di progresso reale e di portato spirituale, di insegnamento ed esempio che avrebbero invece il diritto di essere giudicati per le qualità umane che hanno esibito, e non per il sesso a cui appartenevano.
Eppure, ne parlano in questi termini le massime istituzioni politiche, i giornalisti, gli opinionisti, i letterati, e con loro la massa sciocca. Tutti. Si stanno letteralmente mettendo al bando, bruciando sul rogo, scrittori e poeti, filosofi e pensatori, a cui si assegna l’etichetta di “patriarcale”, “testo departiarcalizzato” così si esprimono il depensanti, esattamente come la Chiesa Cattolica fece con le culture “pagane” o con chi voleva ispirarsi al cristianesimo delle origini.
Si parla di introdurre nelle scuole una “educazione sentimentale” che dovrebbe veicolare evidentemente questo pensiero unico, proibendo quello della “razza inferiore”, quella “maschile patriarcale”.
Siate maledetti.
Il pensiero contemporaneo sull’uomo lo vuole inchiodare alla sua perversa caricatura di “bruto con l’ansia”, dapprima riducendolo alla genitalità tramite il feticcio dell’emancipazione, poi curando l’inevitabile delusione con il trionfo della più sfrenata autopercezione e autorappresentazione. “Si può essere ciò che si vuole” così urlano gli idioti, e se la realtà (sociale o fisica, relazionale o ambientale) non sposa in toto questa volontà performativa, è una realtà cattiva, da rovesciare (anche con strumenti legislativi, ma a volte è sufficiente il “rumore sociale” e la “pressione dei pari”).
Aver rinunciato al limite che la Tradizione impone, a ciò che irreggimenta e che disciplina un percorso, non significa soltanto aver spento il lume soprannaturale della Natura che ci guida alla meta della virtù, ma significa aver spento progressivamente tutti gli altri lumi naturali, ormai inutili per un uomo-uroboro, involutivo, attentamente ripiegato sul proprio ombelico. Alla linearità del pensiero “logico” e realista, spirituale e concreto si è sostituito l’asfittico e autosufficiente ragionamento circolare; all’uomo e-voluto come spirale genomica che si evolve verso l’alto in direzione del Logos si è sostituito l’uomo perso nella trappola del tempo.
Quali gli effetti? Al senso comune, alla ragionevolezza naturale volte al progresso armonico si è sostituita un vorticoso ripetersi di cicli di paure irrazionali, allucinazioni e isteria collettiva.
Tutti voi che state facendo questo, che state ripetendo per l’ennesima volta questo orrore di sminuite l’umanità divina e di mettere gli esseri umani gli uni contro gli altri, che state di nuovo spargendo per il mondo il seme nero della discriminazione: siate maledetti.
Vergognatevi di essere cervelli all’ammasso, dementi, servi di padroni che vi instupidiscono, omologati, asserviti a un regime squallido, quello di un capitalismo arido e sterile che non desidera altro che continuare ad arricchirsi con le frottole, con le menzogne che vi regala. Un capitalismo che si arricchisce facendo stanziare ai governanti da loro etero-diretti soldi pubblici per favorire il “linguaggio di genere”, per contrastare la “violenza di genere”. Un capitalismo che in realtà non contrasta affatto nessun tipo di violenza, essendo invece interessato solo a fare soldi sul dolore delle vittime della violenza umana, insegnandovi a non riconoscerla per ciò che è, facendo quindi in modo che si perpetui ed aumenti ancora, per continuare a cavarvi il sangue dalle vene della vostra stupidità imbelle.
Vergognatevi di parlare degli esseri umani distinguendoli moralmente e intellettualmente sulla base del sesso, una caratteristica fisica di cui avreste dovuto soltanto avere rispetto, e considerare sacra perché è ad essa che dobbiamo tutti la vita, alimenta il divino che è in noi in eterna comunione con la Natura e le sue leggi sacre.
Io non chiedo perdono come maschio alle femmine. Io vorrei invece chiedere perdono come essere umano alla Natura tutta, per ciò che il genere umano è stato, ma soprattutto per ciò che è diventato: il genere animale che, come ammoniva Platone, ha dimenticato i simboli e i significati della Tradizione; sempre più lontano dalla Via, dalla Verità e dalla Vita e sempre più in contrasto con la Natura della quale esso stesso fa, ormai indegnamente, parte.
Natale G. Calabretta