«Roba che non si verifica in nessun Paese del mondo - commenta il comitato -, nemmeno in un Paese del terzo mondo. Tralasciando le motivazioni del ricorso avverso il decreto ministeriale del 1° agosto scorso annunciato dalla Regione, che in verità non ha affatto brillato nel procedimento della Conferenza di servizi, così come la Provincia e il Comune, ma, che una società privata, sia pure Eni Rewind, possa con arroganza e prepotenza pensare di imporre la sua volontà ad un’istituzione pubblica, non solo non è concepibile, ma è anche indicativo di un rapporto distorto tra settori della politica, degli apparati pubblici e il potere economico».
«Eni Rewind è stata "graziata" colpevolmente e illegittimamente - incalza la nota - da un decreto a firma di un dirigente del ministero dell'Ambiente, che evidentemente ha preferito ascoltare le indicazioni della multinazionale, piuttosto che i pareri tecnico scientifici di istituti competenti e di ricerca, come Isin, Arpacal, Ispra, Istituto superiore della sanità, tutti fortemente critici sulla bonifica proposta da Eni Rewind, sul ritardo ingiustificato dell'avvio dei lavori, sul parziale scouting delle discariche disponibili, sulla qualità e quantità dei rifiuti pericolosi, sul rispetto dei vincoli del decreto legislativo numero 101 del 2020 sulla radioprotezione, sui rischi per la popolazione e per coloro che sono chiamati ad operare, etc..».
«Si è preferito prestare l'orecchio al canto delle sirene di Eni - stigmatizza il comitato - piuttosto che tenere conto dei pareri scientifici e delle garanzie a tutela della salute e della vita dei cittadini e del territorio. Di fatto il decreto del 1° agosto giustifica la mancata bonifica e la violazione del dm numero 7 del 3 marzo 2020 da parte di Eni. Oggi, Eni Rewind, a costi notevolmente stracciati e con risparmio di quasi due miliardi di euro (quantificati nel 2012 da Ispra), viene legittimata a lasciare i veleni a Crotone determinando in modo irreversibile un danno incalcolabile per la città con conseguenti gravi rischi per la popolazione. Una situazione che merita un'immediata risposta da parte delle istituzioni, la cui ambiguità purtroppo ha di fatto favorito Eni».
«Come non ricordare le parole della viceministra Vannia Gava - sottolinea ancora il comitato - secondo cui il presidente Occhiuto ha espresso il suo accordo perché i rifiuti restassero a Crotone. Insomma era tutto concordato con la Regione, come affermato dalla viceministra e prima ancora dal presidente della Conferenza dei servizi, scritto nero su bianco nel verbale del Conferenza dei servizi di giugno 2024. Quindi anche la Regione Calabria, con il coinvolgimento attivo del Comune e della Provincia di Crotone, ha di fatto consentito la decisione di lasciare i veleni nella nostra città, nonostante il gravissimo allarme lanciato dal Rapporto epidemiologico “Sentieri 2023” che certifica l'eccesso di mortalità in città per cause eziologicamente legate all'inquinamento lasciato dalle fabbriche».
«Alla luce di quanto si sta verificando - auspica il comitato - bisogna purtroppo constatare che gli annunci di ricorrere al Tar contro il decreto ministeriale, da parte di Regione e Comune, appaiono tardivi e giustificativi di una condotta a dir poco discutibile e subalterna a Eni Rewind. Il sindaco di Crotone è stato eletto con lo specifico mandato di contrastare Eni Rewind e pretendere una reale bonifica, invece concorre nel consegnare a Crotone una condizione di avvelenamento irreversibile con ulteriore sofferenza. Voce avrebbe dovuto contrastare Eni Rewind, avrebbe dovuto impiegare determinazione per impedire le modifiche al Piano regionale dei rifiuti, che di fatto hanno spianato ad Eni la strada per realizzare i suoi obiettivi e lasciare i veleni a Crotone».
«Il sindaco Voce, in coerenza con la sua campagna elettorale - polemizza il comitato -, avrebbe coerentemente dovuto porsi alla testa di un movimento unitario con il coinvolgimento delle forze sociali e della intera popolazione per contrastare il piano di morte. Purtroppo così non è stato ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti».
«Ora l'ultimo ostacolo ai piani di Eni Rewind - sostiene il comitato - rimane il Paur del quale chiede la modifica per abbattere così l’ultima barriera amministrativa e giuridica a difesa della città ed a tutela della salute dei cittadini. Le istituzioni, a partire dalla Regione Calabria, con il presidente Occhiuto, hanno il dovere morale e civico, prima ancora che politico, di impedire un disegno scellerato in barba ai basilari principi costituzionali e democratici. Il potere di modifica del Paur, assunto dalla Regione Calabria il 2 agosto 2019, è esclusivamente competenza della Regione».
«Il decreto del dg ministeriale è incostituzionale - sostiene ancora il comitato - e Occhiuto ne deve chiedere la revoca in tempi brevissimi, altrimenti deve impugnarlo per incostituzionalità. Occhiuto mantenga il Paur e quindi l'obbligo a Eni Rewind di portare fuori dalla Calabria i veleni, supportato dalle relazioni tecnico scientifiche presentate alla Conferenza dei servizi».
«Il Consiglio regionale proceda in tempi brevi - sollecita il comitato - a modificare il Piano dei rifiuti approvato lo scorso 12 marzo che di fatto ha consentito ad Eni Rewind di realizzare i suoi obiettivi e ad altri soggetti imprenditoriali di realizzare impianti e magari nuove megadiscariche a danno del nostro territorio. Le forze politiche mettano da parte logiche di appartenenza e scendano in campo unite nell'interesse della città di Crotone».
«Le organizzazioni sindacali e professionali - chiama in causa il comitato -, la rete delle associazioni assumano le iniziative necessarie a contrastare il disegno scellerato di Eni Rewind. Un accorato appello sentiamo di rivolgere ai giovani affinché scendano in piazza per impedire che il futuro della città di Pitagora venga offuscato e compromesso da calcoli e da interessi di grandi lobby economiche sulla pelle della nostra comunità. Insieme lavoriamo ad una grande manifestazione popolare», conclude il comitato.