L'arte bianca
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Appena arrivati nelle acque italiane hanno chiesto alle persone a bordo di far sbloccare i soldi per il viaggio. È quanto si sente nei messaggi vocali sul telefono di uno degli imputati il cui esame è stato al centro dell'udienza di stamane nel processo in corso al Tribunale di Crotone per il naufragio avvenuto il 26 febbraio dell'anno scorso a Steccato di Cutro che ha provocato 94 morti ed un numero imprecisato di dispersi.

Natale al Centro Comune di Crotone
Natale al Centro Comune di Crotone

Alla sbarra ci sono Sami Fuat, turco di 50 anni, Khalid Arslan, di 25 anni, e Ishaq Hassnan, di 22 anni, entrambi pakistani, tutti accusati di naufragio colposo, favoreggiamento all'immigrazione clandestina e morte in conseguenza di altro reato.
L'udienza è stata caratterizzata dalla deposizione del sostituto commissario della Polizia Carlo D'Angelo che ha offerto una ricostruzione dei fatti attraverso le conversazioni tramite vocali via whatsapp - avvenute dall'1 al 26 febbraio - tra Hassnan ed i trafficanti, il coimputato Khalid Arslan ed altre persone.
«Emerge che Hassnan - ha detto il teste - ha il ruolo di gestire ed organizzare migranti pakistani nelle safe house. È referente dei pakistani e si sincera, in messaggi con trafficanti, che i migranti avessero pagato prima di partire. In uno di questi si sente il trafficante che afferma: "Devi dire ad Arslan di chiedere ai parenti di sbloccare i soldi". Il messaggio è stato mandato prima dell'approdo quando erano in acque italiane».
Tra i tanti messaggi ascoltati, ha spiegato l'investigatore, l'imputato «fa nomi dei trafficanti, soggetti che sono indagati in una indagine in corso». Il sostituto commissario è stato fermato dal pm Pasquale Festa che lo ha invitato a non rivelare altro.
Tra gli audio ci sono anche quelli di persone che si trovavano sulla barca e che presumibilmente hanno utilizzato quel telefono per inviare messaggi ai parenti per rassicurarli quando erano in acque italiane: «Dicono "Siamo arrivati, Dio ci ha voluto bene"», ha detto D'Angelo.
L'esame del telefono ha svelato anche che i viaggi dalla Turchia verso l'Europa vengono chiamati in codice "Game" e che il prezzo del biglietto si aggirava sugli 8.000 euro.
Il difensore dei due pakistani, l'avvocato Salvatore Perri, ha chiesto delucidazioni sulle traduzioni, chi fosse il mediatore che le ha fatte (che peraltro non è stato possibile rintracciare) e se fosse stato effettuato un saggio fonico sulla voce dell'imputato per compararlo con quella ascoltata dei messaggi. Il teste ha risposto che lui aveva solo ricostruito la vicenda esaminando i messaggi audio. Perri ha fatto notare che l'imputato in Turchia viveva con altri pakistani che usavano il suo telefono.
Il difensore di Sami Fuat, l'avvocata Teresa Palladini, ha chiesto se nei messaggi si parlasse del suo assistito ricevendo risposta negativa. L'udienza è stata rinviata a domani quando verranno sentiti i pescatori che si trovavano sulla spiaggia di Steccato di Cutro al momento del naufragio. (ANSA)