POTENZA - Diciannove misure cautelari personali e il sequestro di macchine da gioco e videoslot in circa 200 esercizi pubblici in ogni regione (ad eccezione del Trentino Alto Adige). E' il primo bilancio dell'operazione dei Carabinieri del comando provinciale di Potenza, al termine di anni di indagini sui rapporti fra la cosca Grande Aracri di Cutro (Crotone) e il clan Martorano del capoluogo lucano. I militari - decine e decine impegnati dall'alba anche in numerose perquisizioni - hanno sequestrato sette società con sede in Calabria, Puglia, Emilia-Romagna e Lazio (una anche all'estero). La "gallina dalle uova d'oro" è ancora quella delle slot illegali, con almeno tremila "macchinette" piazzate dai clan calabresi e lucani in tutta Italia, che fruttavano annualmente un ricavo stimato in 200 mila euro l'anno per ogni apparecchio. Un sistema che generava un giro d'affari per i clan pari a circa 593 milioni di euro all'anno. I particolari dell'operazione sono stati illustrati oggi, a Potenza, nel corso di una conferenza stampa, a cui ha partecipato il Procuratore della Repubblica del capoluogo lucano, Luigi Gay, il procuratore aggiunto Francesco Basentini, il comandante del reparto operativo dei Carabinieri, il maggiore Antonio Milone, il comandante provinciale di Potenza dei Carabinieri, il colonnello Daniele Scardecchia, e il tenente Armando Barbaruolo, del nucleo investigativo dei Carabinieri.
Associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, usura e frode fiscale aggravata. Sono i reati contestati a vario titolo a tre persone, destinatarie di altrettante misure di custodia cautelare emesse dal Gip di Venezia nell'ambito dell'operazione "Valpolicella", eseguita da personale del Centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Padova in collaborazione con la Polizia di Stato, i Carabinieri e la Guardia di finanza delle province di Venezia, Verona, Vicenza, Cremona, Reggio Emilia e Catanzaro. L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, mirava a verificare eventuali infiltrazioni mafiose di origine calabrese tra le province di Vicenza e Verona ed ha consentito di individuare ed indagare 36 soggetti. Quattordici le perquisizioni effettuate, nel corso delle quali - sottolineano gli investigatori - e' stata sequestrata "documentazione contabile ed extra contabile comprovante l'esistenza delle attivita' illecite". Tra le persone oggetto del blitz e' emerso un pregiudicato segnalato dalle forze di polizia locali come contiguo a personaggi affiliati alle cosche crotonesi Grande Aracri e Dragone, oltre alla presenza di vari soggetti collegati alla 'ndrangheta, operanti nel settore edile. Il Gip ha disposto la misura cautelare per l'emissione di fatture false per due crotonesi, rispettivamente di 41 e 23 anni, e per una cittadina serba di 33 anni: alla donna sono stati concessi i domiciliari in quanto madre di un bimbo minore di 6 anni. Nello specifica, la misura cautelare è scattata per F.F. nato a Crotone nel 1975 per fatture false (con l'aggravante del metodo mafioso), S.C. nato a Crotone nel 1993 per emissione di fatture false (con aggravante del metodo mafioso), D.A. nata in Serbia classe 1983 ai domiciliari per emissione di fatture false (con aggravante del metodo mafioso).
Quando dichiarò: «Grande Aracri? Gentile, educato, non sembra quello che dicono che sia», lasciò tutti basiti. A pronunciare queste parole fu Marcello Coffrini, il primo cittadino di Brescello, Comune che è stato oggi sciolto per infiltrazioni mafiose dal Consiglio dei ministri [LEGGI ARTICOLO]. Coffrini fu eletto in quota Pd nel 2014 e, solo qualche mese dopo, scatenò un vero e proprio caso politico, mettendo in serio imbarazzo il Partito democratico. Era il settembre dello stesso anno, infatti, quando il "caso Coffrini" balzò agli onori della cronaca, grazie a un'inchiesta di Cortocircuito, una web tv studentesca che diffuse il video con le dichiarazioni ambigue del sindaco di Brescello.
"La 'ndrangheta di casa nostra, radici in terra emiliana", così era intitolata la video-inchiesta di Cortocircuito sul radicamento della 'ndrangheta nella "Bassa". I videomaker autori del servizio andarono con un'auto guidata dal sindaco Coffrini nel bel centro dell'inchiesta, a filmare la zona di residenza di Francesco Grande Aracri. Appena entrati nel "perimetro" (il tutto è documentato nel film), la troupe viene affiancata da un furgoncino cui segue l'arrivo in bicicletta di Francesco Grande Aracri.
Nelle immagini del filmato, si vede a quel punto il sindaco di Brescello in una zona appartata del quartiere discutere con Francesco Grande Aracri (che è tra l'altro condannato in via definitiva nell'ambito del processo per mafia denominato "Edilpiovra" e in quel momento era in stato di sorveglianza speciale). Rientrato in macchina, il sindaco tenta di tranquillizzare i ragazzi, dicendo loro: «È gentilissimo, è uno molto tranquillo... è molto composto, educato, ha sempre vissuto a basso livello. Hanno un'azienda... con cui fanno i marmi... mi fa piacere che siano riusciti a ripartire». Docufilm a parte ne seguirono una serie di dichiarazioni stridenti del sindaco che comparirono su quotidiani regionali e nazionali dell'Emilia.
La delibera di scioglimento venuta oggi dal Consiglio dei ministri (proposta del ministro dell'interno Angelino Alfano) dice che, visti gli atti giunti da Reggio Emilia, ci sono «forme di condizionamento tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».
Negli atti della commissione prefettizia, figurerebbero più episodi come la delocalizzazione (avvenuta agli inizi degli anni 2000) dei diritti edificatori residenziali su via Pirandello, dove sorse poi "Cutrello", zona d'insediamento del clan Grande Aracri. Nel mirino della commissione c'è anche la costruzione di un supermercato di Brescello. Unite a tutto ciò, non hanno fatto certamente migliorare la posizione del sindaco le parole benevole spese dall'ex sindaco Marcello Coffrini per Francesco Grande Aracri che è fratello del boss Nicolino Grande Aracri.
Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico; la proposta indica anche gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Sulla proposta del consiglio dei ministri dovrà ora pronunciarsi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Operazione Sorbolo è il nome dato alla speculazione immobiliare realizzata nell'omonimo comune del Parmense dal valore di ben 15 milioni di euro in cui la cosca Grande Aracri avrebbe rivestito un ruolo di primo piano nel definire i rapporti d'affari con gli altri indagati emiliani dell'inchiesta. Questo quadro emerge, adesso, nelle dichiarazioni che sta rendendo il collaboratore di giustizia Giuseppe Giglio alla Procura emiliana. Il pentito - come riferisce la Gazzetta di Reggio nell'edizione online [LEGGI ARTICOLO] - «ha delineato al riguardo un incredibile quadro fatto di broker prezzolati, riciclaggio e operazioni immobiliari».
In particolare Giglio parla di come siano saltati fuori ben 750 mila euro in nero per l'acquisto di un terreno e mezzo milione di euro nascosto in un sacchetto nero della spazzatura che fu utilizzato, secondo il pentito, per l'acquisto di un capannone nella zona industriale di Parma. Fu Francesco Falbo, imprenditore edile di Sorbolo, oggi imputato per utilizzo di soldi provenienti dalla cosca, ad aprire questo spaccato davanti alla Procura emiliana. Dopo aver ricevuto pressioni e minacce continue, infatti, Falbo fu costretto a cedere gran parte delle quote delle sue società e decise di rivolgersi alla giustizia. Adesso Giglio entra nel merito di questi passaggi di denaro sporco su cui dei broker avrebbero avuto un ruolo determinante nel loro reinvestimento.
Sul mezzo milione di euro arrivato a Falbo in un sacco nero dell'immondizia, il collaboratore dice ai pm Mescolini e Ronchi: «Non so se li abbia ricevuti tramite il fratello (di Nicolino, ndr) Franco Grande Aracri, questo non lo so. Però ha ricevuto una cifra di 500.000 euro». Allora il pm Ronchi chiede: «Ma in che modo? Che cifra, in contanti?». Ed è qui che Giglio rivela: «In contati erano (i soldi, ndr). Era un sacchetto di spazzatura che li ho visti. Non c'è molto da dire su questo perché presentato il broker, io diciamo che non ho assistito all'operazione di come sono esportati fuori, però so che lui conosceva delle persone che venivano a prenderli direttamente dall 'estero rilasciando ricevuta ... non so come si chiamano, dei corrieri assicurati, del... sono proprio bancari, penso».
Emergono nuovi particolari nella seconda tranche dell'inchiesta Kyterion condotta dalla Dda di Catanzaro e dai carabinieri contro il clan Grande-Aracri di Cutro che, questa mattina, ha portato 16 provvedimenti restrittivi a carico di altrettanti indagati [LEGGI ARTICOLO]. A entrare nel dettaglio dell'operazione è stato il procuratore vicario di Catanzaro Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa svoltasi in tarda mattinata presso la procura catanzarese. Un ruolo di rilievo, tra le attivita' di ausilio alla cosca Grande Aracri di Cutro, lo detenevano le figure di diversi professionisti. Tra questi Grazia Veloce, 72enne attualmente ai domiciliari, il cui nome appare gia' a gennaio 2015, nella prima fase dell'operazione Kiterion ma la cui posizione era stata in seguito stralciata in sede di rinvio a giudizio. "Alla cosca servivano professionisti in grado di avvicinarla agli ambienti curiali, ai cavalierati di Malta e alle organizzazioni massoniche", ha spiegato il procuratore vicario di Catanzaro Giovanni Bombardieri. Nel corso di una intercettazione, ad esempio Salvatore Scarpino spiega "come sia importante sedersi al tavolo della massoneria". Altro ruolo di spicco, secondo gli inquirenti, e' quello dell'avvocato Rocco Corda che avrebbe cercato di "aggiustare" un processo in Cassazione a favore del clan. "Per quanto riguarda gli ambienti della Cassazione - ha specificato Bombardieri - non siamo riusciti a individuare soggetti che abbiamo potuto favorire la cosca". Per quanto riguarda Corda, questi viene ritenuto "inserito organicamente nella cosca" quale soggetto referente del boss Nicolino Grande Aracri. Secondo quanto emerso dalle indagini, l'avvocato veniva mandato nei cantieri, e a partecipare a riunioni importanti - col compito di fare da mediatore - nelle quali si trattavano temi delicati, compresi gli omicidi. Per quanto riguarda l'omicidio del boss Antonio Dragone, avvenuto a maggio del 2004, gli inquirenti hanno individuato in Nicolino Grande Aracri il mandante e in Angelo Greco l'esecutore materiale. Le indagini sono state coordinate dai sostituti procuratori della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio e Vincenzo Capomolla.
Sono in tutto sedici le persone raggiunte da un'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'operazione "Kiterion II" dei Carabinieri che ha disarticolato la famiglia "Grande Aracri" della 'Ndrangheta jonica, attiva nel crotonese e con ramificazioni nel Nord Italia. Uno dei provvedimenti e' stato notificato in carcere a Nicolino Grande Aracri, 56 anni, detenuto e sottoposto al 41 bis, indicato dagli investigatori come il boss di Cutro ed al vertice della coincidente, ma meno estesa, struttura denominata Locale di Cutro. In carcere sono finiti Antonio Grande Aracri, 55 anni, fratello di Nicolino; Rocco Corda, detto "Rocchino", 45 anni, avvocato, Salvatore Scarpino, detto "Turuzzo", 50 anni, e Giuseppe Altilia, 50 anni. Mentre sono stati disposti gli arresti domiciliari per Grazia Veloce, 72 anni, Esterino Peta, 27 anni. L'ordinanza e' stata notificata in carcere, dove erano gia' detenuti per altra causa, oltre al presunto boss Nicolino Grande Aracri, anche ad Angelo Greco, di 50 anni, Gennaro Mellea, di 38 anni, Francesco Lamanna, di 54 anni, Alfonso Diletto, di 48 anni, Vito Martino, di 45 anni, Romolo Villirillo, detto "Pietro U' Porziano", di 37 anni, ai cugini Pasquale e Michele Diletto, rispettivamente di 36 e 29 anni, ed a Giuseppe Celi, di 38 anni. Questi ultimi si trovano detenuti presso le carceri di Catanzaro, oltre che di Milano, Oristano, Sassari, Spoleto, Taranto, Torino e Viterbo, in virtu' dei fermi disposti nel gennaio 2015 o delle ordinanze cautelari attuate nella ricollegata indagine "Aemilia", condotta dai Carabinieri dell'Emilia Romagna sotto la direzione della Dda di Bologna. Su ulteriori indagati sono stati raccolti elementi tali da configurare responsabilita' di rilievo, pur in assenza di presupposti che consentissero l'adozione di provvedimenti cautelari.