L'arte bianca
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REGGIO EMILIA Fuochi d'artificio in piena notte per festeggiare la scarcerazione di un membro del clan. Sarebbe successo lo scorso dicembre a Brescello, Comune della provincia di Reggio Emilia già sciolto nel 2016 per infiltrazioni mafiose di tipo 'ndranghetistico. Lo denuncia Luca Chierici, membro della segreteria conferederale della Cgil reggiana con delega alla legalità, nel corso di un evento organizzato dal sindacato a 10 anni dalla fine del maxi processo Aemilia.

In primo piano: Luca Chierici della Cgil reggiana con delega alla leglità

Secondo Chierici la manifestazione sarebbe stata accompagnata anche da un post anonimo su Facebook che avrebbe recitato: «È uscito, fuochi a Cutrello (il quartiere del paese di Peppone e don Camillo a forte presenza di immigrati calabresi, da Cutro, in provincia di Crotone, ndr)». «È inquietante questo messaggio - commenta il sindacalista - che potrebbe essere stato scritto in occasione della liberazione di un condannato in Aemilia, passato a scontare la pena agli arresti domiciliari».

Un episodio analogo, aggiunge il giornalista esperto di mafie Tiziano Soresina, «è avvenuto anche a Reggio. Si tratta di messaggi precisi inviati alla comunità con cui le organizzazioni criminali dicono: ci siamo ancora». Che la cosca legata alla famiglia Grande Aracri, pur falcidiata da anni di processi, sia tutt'altro che in disarmo, lo dimostra per Soresina anche un altro elemento: «Le famiglie degli affiliati, nessuno dei quali si è mai dissociato, sono rimaste a vivere qui. Di cosa? Non lo sappiamo, ma bisogna riflettere».

Ugualmente preoccupante, infine, il rogo di un escavatore in un cantiere edile registrato nella notte tra lunedì e martedì a Reggio, che configura un tipico "reato spia" dell'agire con metodo mafioso.
La tavola rotonda organizzata nella sede della Camera territoriale in via Roma (presente il sindaco di Reggio Marco Massari, quello di Cavriago Francesca Bedogni e l'ex prima cittadina di Brescello Elena Benassi) è stata anche l'occasione per presentare un rapporto di Libera sulla percezione dei reggiani delle mafie, che contiene in una sua parte la mappatura aggiornata a giugno 2024 dei beni sequestrati sul territorio.

Emerge così che i cittadini sono consapevoli della presenza delle mafie in provincia, in particolare della 'ndrangheta, ma non altrettanto preparati su quanto accaduto e raccontato dai tanti processi che hanno affollato le aule giudiziarie di Reggio Emilia e Bologna nell'ultimo decennio. In pochi, ad esempio, sono riusciti a ricordare gli omicidi del 1992 e lo scioglimento del Comune di Brescello del 2016.

Il report dettaglia poi come sono 15 i Comuni della provincia in cui si trovano i 317 beni confiscati e quasi il 60% di questi solo a Reggio, Montecchio e Brescello. 
Il segretario provinciale della Cgil di Reggio Cristian Sesena, ribadendo che le battaglie per il lavoro fatte dall'organizzazione rappresentano un argine alle infiltrazioni della criminalità, scandisce poi: «Non mi piace che si mettano sullo stesso piano i sindacati e le organizzazioni imprenditoriali. Perché queste ultime, per sapere se un'azienda si sta muovendo sul crinale dell'illegalità, hanno molti più strumenti». E «su questo trovo che siano rimaste un po' silenti in questi anni», conclude Sesena. (Dire)