L'arte bianca
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CROTONE «Caro presidente della regione Calabria Occhiuto o meglio caro papà di tutti i nostri figli, perché pensare al futuro della Calabria è anche questo, indicare una via da percorrere insieme. Ed è per questo che le scrivo, per quel figlio dimenticato da 7 anni, dalla politica crotonese che nel momento del dolore si è avvicinato con tanto di pubblicità mediatica nazionale senza mantenere ciò che era stato promesso a me. Ecco perché mi rivolgo a lei». 

È quanto scrive in una lettera paerta al presidente della Regione Calabria, Caterina Villirillo, presidente “Libere donne Crotone”, che a sette anni dalla ingiustificata e straziante uccisione del figlio Giuseppe Parretta, non ha visto ancora assegnare alla sua associazione la sede di via Ducarne situata nel pieno centro storico e di proprietà dall'Aterp. 
A ricordo dell'immane tragedia, è in programma per lunedì 13 gennaio prossimo una messa celebrativa presso la chiesa di Santa Chiara a Crotone.

«Lei ha già dato dimostrazione di amare la nostra tanto martoriata Calabria – scrive Villirillo – e per questo ho deciso di scriverle con il cuore in mano e di affidarglielo, un cuore già strappato dal petto il 13 gennaio del 2018. Sto parlando di Giuseppe Parretta, ucciso a 18 anni nel mio centro antiviolenza, aperto da 20 anni». 

Ho estirpato dalle mani della criminalità organizzata tante donne da famiglie importanti di Isola di Capo Rizzuto, Crotone, Strongoli e Cirò marina. Famiglie malavitose che tenevano legate le vite dei nostri figli con lo spaccio e con delle riprese girate inconsapevolmente, costringendole a prostituirsi con il ricatto, inoltre vi sono presenti dei fascicoli che fanno i nomi delle vittime e dei propri carnefici.

«Le scrivo perché adesso temo per la mia vita e della vita dei miei volontari – avverte Villirillo – che da anni collaborano con me e sono stati dimenticati in via ducarne, l'associazione in cui è avvenuto la tragedia. Ora le parlo di mio figlio, Giuseppe, un eroe silenzioso, il suo gesto eroico ha avuto un prezzo altissimo: la morte. Non si trattava di un supereroe dei fumetti, ma di un ragazzo normale che ogni giorno affrontava la vita con la speranza di un futuro migliore, non aveva paura di difendere le donne, come ha fatto quel giorno, salvate grazie al suo gesto, colui che le donne le salve è non le uccide».

Le chiedo un po' di rispetto per questo piccolo grande uomo, per continuare ad aiutare tanti altri ragazzi e donne. Un errore burocratico, durato 7 anni che è diventato un calvario per me signor presidente, avete firmato il protocollo con il ministero delle pari opportunità per la violenza di genere. Ecco le chiedo, di far cessare questa violenza istituzionale nei miei confronti, un errore che solo lei può risolvere.

«Avrei potuto insegnare ai miei figli la vendetta – commenta Villirillo – ed invece ho sempre indicato la via della legalità ed è questo il motivo per cui le scrivo. Hanno omesso di inviarle un documento, divenuto ufficiale, aggiungendo al mio dolore anche l'umiliazione "oltre il danno anche la beffa", di una madre ferita per difendere la memoria di un bravo ragazzo, il mio ragazzo, mio figlio anzi il figlio di tutta l'Italia. Il nostro Peppe», conclude Villirillo.

«Nuova sede "Giuseppe Parretta", il fallimento del centrodestra crotonese»

In una precedente lettera diramata nel giorno di sabato 11 gennaio, Caterina Villirllo si era invece rivolta alla politica crotonese.
«Quel maledetto pomeriggio - si legge nella missiva - ha cambiato per sempre l'esistenza di tutta la mia famiglia. Penso, rifletto, tanto e profondamente e, a distanza di 7 anni della prematura e dolorosa scomparsa di mio figlio, sento forte il bisogno e la necessità di esternare tutto quello che ho dentro. Delusione, tristezza, amarezza, e rabbia, tanta rabbia. Perché di Giuseppe, il mio piccolo, grande amore, strappatomi dagli occhi e dal cuore brutalmente e troppo presto, non importa più a nessuno. O quasi».

«Ma purtroppo quel "quasi" - stigmatizza Villirillo -, ha nomi e cognomi, pesa tantissimo e fa la differenza. E il mio pensiero viaggia, torna indietro nel tempo, e come una puntuale e inesorabile macchina della verità, mi restituisce tutto: fatti, parole, promesse, nomi e cognomi. E non mi riferisco alla gente normale, al popolo crotonese che, ho ancora i brividi, in occasione dei funerali di Giuseppe invase le vie del centro città, per salutarlo, per rendergli omaggio, e per stringersi attorno a me e alla mia famiglia. Non lo dimenticherò mai».

Così come non dimentico, come potrei - entra nel merito Villirillo -, tutti gli slanci di amicizia e generosità, evidentemente elettorale, profusi dalla politica, e più nello specifico dal centrodestra crotonese, Forza Italia e Fratelli d'Italia, i quali, nelle persone di Sergio Torromino e Michele De Simone, avevano promesso di interessarsi alla nuova sede della mia associazione, Libere Donne, che da anni attende di essere consegnata dall'Aterp (Regione), cosa che purtroppo però, stranamente, fra uno scaricabarile e l'altro, non è mai avvenuta. Jose Caligiuri addirittura, non sa neanche dove si trova la sede...

«La Lega sinora ha solo promesso - inclaza Villirillo -, ma ad oggi non è ancora arrivata a nulla. Del presidente della Provincia di Crotone Ferrari poi che aggiungere, ha detto che la questione non è di sua competenza... E allora non posso che pormi questa domanda: ma i politici che si erano premurosamente interessati affinché la nuova sede in memoria di Giuseppe Parretta vedesse la luce, dove sono finiti? È una questione di incapacità politica o cos'altro? Come mai nessuno di questi signori ha mai bussato alla porta del presidente Occhiuto? Perché nonostante l'interessamento iniziale, tutto si è fermato? Ma questi signori non hanno dei figli come tutti noi?», chiede ancora la mamma disperata.

«Non si "gioca" con la vita delle persone - avverte Villirillo - l'Associazione Libere Donne è ancora lì, in Via Ducarne, dove hanno ucciso Giuseppe, e dove in questi anni non è cambiato praticamente nulla. Si continua a convivere con lo spaccio di droga e con la macro e micro criminalità. Chi può, e vuole, faccia qualcosa. Faccia in modo che il sogno ed il progetto di Giuseppe si avveri: che da quel buco, cosi come lo chiamava lui, finalmente si possa vedere uno spiraglio di luce. Di speranza e di vita. Attraverso un punto di riferimento sociale essenziale per accogliere in sicurezza i nostri ragazzi. Lo dobbiamo a lui, ma anche e soprattutto ai nostri giovani, ai nostri figli, alla nostra città. Una città che mi è sempre stata molto vicina, e ha sostenuto le mie attività che oggi, soprattutto grazie a loro, arrivano a Sibari e sino in Sicilia. Senza barriere e confini», conclude Caterina Villirillo.

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