«Eccolo il privilegio»: "denuncia-sfogo" di una mamma e docente
L'amara realtà di chi ha avuto la "fortuna" di vincere il concorso pubblico, ma deve barcamenarsi tra il corso abilitante e i tempi del sistema scuola

CROTONE «Gli insegnanti sono dei privilegiati... eccolo, il privilegio degli insegnanti!». Ha inizio così lo “denuncia-sfogo” attraverso il social di una docente crotonese, Silvia Cerri, di 36 anni, mamma e lavoratrice, che dopo essere risultata vincitrice di concorso e aver preso servizio in una scuola secondaria di primo grado del territorio, adesso si trova a dover fare i conti con i corsi abilitanti per l'insegnamento. A spiegare meglio i contorni di questo "limbo" esistenziale e professionale è proprio la giovane insegnante.
«Mi sono laureata per ben tre volte - scrive la docente - una triennale e due magistrali: queste ultime due - tiene giustamente a precisare - entrambe con il massimo dei voti. Ho passato anni a insegnare fuori dalla città in cui vivo, in paesi e paesini della provincia, trattata contrattualmente come una pezza da piedi: assunta e licenziata ogni anno, con tre Cud per avere la disoccupazione e quello che ne deriva dal pagamento delle tasse. Ho continuato a spendere per la mia formazione, di tasca mia».
Poi, dopo la cosiddetta gavetta, ecco apparire la luce in fondo al tunnel del precariato. L'approdo, però, si è rivelato essere tutt'altro che la “terra promessa” dei docenti, quella cioè che dispensa agi e benifici dietro al mito del posto fisso. «Ho vinto un maledetto concorso pubblico - sbraita la docente - fatto di due prove, una scritta e una orale, alla quale ho preso il massimo dei voti. E ora? No, ora non sarò assunta a tempo indeterminato», è la tragica realtà davanti cui si è d'improvviso trovata la 36enne, mamma e lavoratrice.
Nemmeno il tempo di adagiarsi, dunque, su concorso e presa di servizio che la docente ha visto subito abbattersi su di lei l'ultima “batosta” ingegnata dal ministero dell'Istruzione. «Ora dovrò pagare un percorso abilitante di tasca mia - contesta Cerri - di ben 2.000 e passa euro, dopo aver vinto un concorso pubblico con ben due prove. È finita qui (visto che è già vergognoso così)? Chiaramente no. Le lezioni si tengono tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle 15 alle 20». Ed è qui che finisce la frustrazione di lavoratrice e ha invece inizio l'inquietudine di una mamma a tempo pieno.
Io ho una famiglia - urla al “sistema” Cerri -, ho un figlio piccolo, mi sveglio ogni mattina (tranne due volte a settimana) alle ore 6 per essere in macchina alle ore 7 e rientro a casa per le 14.30/15. Dalle 15 alle 20, devo seguire (e pagare ancora per poter fare il mio lavoro) l’ennesimo percorso universitario, dopo 7 anni di formazione universitaria
Una trafila lunga una giornata “infinita” che si riversa per la giovane donna in una serie di interrogativi che sente il dover di rivolgere all'indirizzo di chi governa l'istruzione in Italia. «Mio figlio a chi lo lascio?» e poi «le lezioni come le preparo e i compiti come li correggo?». Ma non è tutto: «I consigli come li seguo? I colloqui? I collegi? Gli esami? Sapete che a scuola non esistono permessi per poter seguire il percorso abilitante per l’insegnamento? Non è troppo divertente?».
Sono tutti interrogativi che portano a una sola considerazione per Cerri: «È questo il privilegio per 1.500 euro al mese?».
E attorno a questa, che è la vita professionale e famigliare, c'è poi anche il mondo fatto di relazioni sociali, anche queste da dover tenere a bada. «Poi qualcuno mi viene a chiedere - sbotta la docente - perché sono permalosa o perché non mi fanno ridere le battute sugli insegnanti. La verità - ammonisce Cerri - è che l’Italia non è un paese per mamme lavoratrici che hanno fatto e fanno sacrifici, non è un paese per famiglie che non godono del privilegio di potersi permettere una baby sitter h24».
«Se hai famiglia non devi lavorare - è l'amara conclusione -, ti fanno bene intendere, se lavori devi guadagnare talmente tanto da poter sistemare i tuoi figli una giornata intera».