L'arte bianca
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CATANZARO Riti di affiliazione e sofisticati meccanismi finanziari per frodi fiscali, tradizione e innovazione. È il volto bifronte del "Locale" della 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto (Crotone) riconducibile alla storica cosca degli Arena, disarticolata dall'operazione "Folgore-Blizzard" coordinata dalla Dda di Catanzaro ed eseguita oggi dai carabinieri con 17 misure cautelari.

L'operazione è stata illustrata nei dettagli nel corso di una conferenza stampa nella Procura di Catanzaro alla presenza dei vertici della Dda catanzarese, e, in videocollegamento, della Procura di Trento, che ha fornito un contributo decisivo alle indagini complessivi. 

Nell'incontro con i giornalisti è stata svelata l'evoluzione di una consorteria, rappresentata da una confederazione di "famiglie", che fa parte del "Gotha" della 'ndrangheta da 50 anni, se è vero che la prima sentenza a carico della cosca Arena - ha spiegato il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Salvatore Curcio - «risale a una fase antecedente all'introduzione dell'articolo 416 bis, per la precisione cioè al 1975». 

Nell'ordinanza della gip Arianna Roccia viene specificato che il locale si identifica con la cosca Arena la quale rappresenta, oggi, il risultato di una coesione, sviluppatasi negli anni, tra esponenti delle famiglie Arena (rami cicala e chitarra), Pullano, Gentile, Lentini e Tipaldi, a loro volta federatesi, anche mediante matrimoni e comparaggi, con le famiglie isolitane Nicoscia, Capicchiano, Manfredi e Corda

Una cosca pervasiva e agguerrita, capace di sopravvivere a due cruente guerre di mafia e di rigenerarsi sempre, mantenendo anche la compattezza delle varie "anime" del "Locale", che nel corso degli anni hanno raggiunto una sostanziale tregua anche se non mancano frizioni all'interno della consorteria, hanno spiegato gli inquirenti, per i quali l'area di Isola Capo Rizzuto «resta sempre una pentola a pressione». 

A cementare la cosca ovviamente gli affari e gli interessi, trasferiti anche al nord Italia, in particolare a Trento, Bolzano, Venezia e Milano, e anche all'estero, territori nei quali il "Locale" degli Arena si è infiltrato e radicato affinando il "core business" dei reati finanziari, messi in pratica - hanno aggiunto gli investigatori di Trento guidati dal procuratore Sandro Raimondi - con meccanismi complessi e persino innovativi: in pratica i referenti della cosca Arena creavano società di crediti fiscali che erano in realtà società fantasma, gestite da prestanomi e finalizzare a riscuotere crediti inesistenti con un sistema di vendita delle società che avveniva attraverso una chiavetta Usb che passava di mano in mano per 30mila euro.

Con questo meccanismo - è stato poi detto in conferenza stampa - l'organizzazione criminale riusciva ad accumulare illecitamente ingenti profitti e ad aggiudicarsi contratti di appalto prezzi inferiori a quelli di mercato, con conseguente alterazione dell'economia legale 

Una cosca, quella degli Arena, moderna ma che non disegnava i metodi arcaici e i business tradizionali, come le estorsioni e l'usura, e la pressione sul territorio garantita anche grazie alla disponibilità di un "arsenale" di armi, anche da guerra, ragguardevole, utilizzato in modo massiccio anche per esercitazioni e addestramento in poligoni di tiro improvvisati organizzati sulla costa in provincia di Crotone. 

«La provincia criminale di Crotone è sempre operativa», hanno poi aggiunto gli inquirenti nella conferenza stampa, confermando la forza di un "Locale" che ben conosceva le regole della 'ndrangheta, se è vero che i carabinieri hanno anche scoperto e portato alla luce, nel corso di una perquisizione in un terreno, un manoscritto con i riti di affiliazione risalente al 1976, nascosto insieme a un vecchio mitra

Le conversazioni intercettate fanno riferimento a “una struttura di 'ndrangheta in Lombardia denominata, appunto, "Lombardia”

Un "Locale" che non lasciava indietro nessuno dei propri sodali, tanto è vero che molti dei proventi accumulati con i reati finanziari venivano usati per sostenere le famiglie dei detenuti in carcere. E proprio dal carcere poi spesso partivano gli ordini per la cosca: tra i vari aspetti emersi nel corso dell'indagine infatti c'è il sistematico uso di cellulari all'interno del carcere da parte di uno dei boss colpiti da una delle misure cautelari disposte dalla Dda di Catanzaro. (AGI)

I nomi dei destinatari della misura cautelare

  1. Antonino Francesco Arena;
  2. Antonia Arena;
  3. Antonio Arena;
  4. Antonio Bruno;
  5. Antonio Giardino;
  6. Luigi Masciari;
  7. Carlo Alberto Savoia;
  8. Antonio Viola;
  9. Marilena Manfredi;
  10. Pasquale Manfredi;
  11. Antonio Masciari;
  12. Francesco Masciari;
  13. Domenico Megna;
  14. Mario Megna;
  15. Luigi Morelli;
  16. Pasquale Morelli
  17. Nicola Pittella
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