Droga, sgominato traffico italo-albanese: era finanziato dai Grande Aracri
Scoperto un giro d'affari di circa otto milioni, "condito" anche da alcuni reati finanziari. Un'operazione congiunta di Polizia e Guardia di finanza coordinata dalla Procura antimafia di Bologna
REGGIO EMILIA A Reggio Emilia «c'è tutto quello di cui si ha bisogno». Lo diceva in una conversazione intercettata (facendo riferimento sia alla disponibilità di vari tipi di stupefacenti, che di corrieri per trasportarli) uno dei membri dell'organizzazione italo-albanese dedita al traffico internazionale di droga, con base proprio nella città e nella provincia del Tricolore, sgominata oggi da un'operazione congiunta di Polizia e Guardia di finanza coordinata dalla Procura antimafia di Bologna.
In totale sono state spiccate 15 misure cautelari (di cui 13 in carcere e due ai domiciliari) per altrettante persone fisiche, sette delle quali ancora ricercate. A questi provvedimenti si aggiunge la perquisizione scattata nei confronti di una donna in provincia di Modena.
Agli indagati viene contestato di aver venduto in tutta Italia, tra fine settembre del 2020 e il 2021, oltre 300 chili di droga tra eroina, cocaina, hashish acquistata e importata da Albania, Kosovo, Ecuador, Colombia e Paesi Bassi.
Un giro d'affari di circa otto milioni, "condito" anche da alcuni reati finanziari. In particolare l'emissione di fatture false (una sorta di "specialità criminale" reggiana) per 5,2 milioni, emesse da 10 soggetti denunciati residenti a Reggio tramite sette società di cui sei reggiane e una a Parma (con tre "cartiere" vere e proprie) e l'introduzione in Italia di banconote false per 75.000 euro da parte di uno degli arrestati.
Le indagini, condotte tramite intercettazioni telefoniche e "trojan" e in cui è stata chiesta anche la collaborazione di agenzie investigative europee, sono partite a settembre di cinque anni fa dal sequestro di un pacco del corriere "Dhl" all'aeroporto colombiano di Bogotà. Al suo interno c'erano sei chili e mezzo di cocaina destinati ad un indirizzo di Bibbiano (Reggio Emilia) formalmente intestato ad un cittadino italiano, ma occupato di fatto da alcuni albanesi.
Ad approfondire la vicenda erano stati chiamati i finanzieri reggiani che, qualche tempo dopo, hanno unito le forze con i colleghi della squadra Mobile della Questura, che nel frattempo avevano iniziato delle indagini proprie sugli stessi soggetti. È così emersa la fotografia di una banda di narcotrafficanti molto ben strutturata che poteva contare su canali di approviggionamento in Europa e in Sud Amercica e di una rete distributiva sull'intero territorio nazionale. La "testa" dell'organizzazione era a Reggio Emilia e Bibbiano con basi logistiche in provincia di Modena (a Sassuolo e Polinago). Il territorio di Venezia era invece usato come terminale di distribuzione della droga, che veniva gestita quasi completamente da albanesi in tutte le sue fasi.
A finanziare le operazioni, secondo gli inquirenti, erano invece innanzitutto alcuni esponenti della 'ndrangheta emiliana legata alla famiglia Grande Aracri, a cominciare da Domenico Bolognino (arrestato), figlio di Sergio, condannato nel maxi processo Aemilia. C'era poi un personaggio di spicco della mala romana di cui i sodali parlavano con rispetto chiamandolo "capo". Si tratta di Daniele Gatta, 40 anni, genero di Fabrizio Piscitelli soprannominato "Diabolik", capo ultrà, estremista di destra e trafficante di droga ucciso nella capitale nel 2019.
A Gatta è contestato di aver cofinanziato l'acquisto di una partita di cocaina che si tentò di importare dall'Ecuador nel 2021. Tra le particolarità delle indagini anche il fatto che in un caso, una partita di eroina del valore di 60.000 euro transitò dall'Emilia alla Calabria, in "contromano" rispetto a quanto avviene di solito. Gli indagati utilizzavano poi telefonini criptati con l'applicazione "Sky-ecc". Un sistema di schermatura che è stato superato dalle polizie di Francia, Olanda e Belgio, che hanno sequestrato server contenenti milioni di conversazioni.
Tra queste anche quelle degli odierni arrestati, che sono stati estrapolati su richiesta della Direzione antimafia bolognese. Oggi oltre 110 militari e agenti stanno dando corso a 16 perquisizioni in nove province: Reggio Emilia, Piacenza, Parma, Modena, Ravenna, Brescia, Venezia, Lucca e Roma. Sequestrati diamanti e orologi di lusso, come un Rolex da 50.000 euro. Soddisfazione è stata espressa dal comandante provinciale della Fiamme Gialle di Reggio Ivan Bixio e dal Questore Giuseppe Maggese, secondo cui «Reggio nel tempo ha cominciato ad assumere la connotazione di un piazza di spaccio commisurata alla ricchezza del suo territorio»
A finanziare le operazioni erano esponenti della famiglia Grande Aracri
«L'elevato numero degli acquisti di sostanze stupefacenti e delle stesse cessioni, confermano l'elevata pericolosità sociale degli indagati - scrivono gli inquirenti nell'ordinanza di custodia cautelare -, che, per quanto concerne più specificamente Domenico Bolognino e gli altri indagati di origine calabrese, si sostanzia nell'esistenza di rapporti anche di natura famigliare con esponenti della 'ndrina calabrese riconducibile alla famiglia Grande Aracri, da anni radicata nel territorio emiliano. C'è il concreto pericolo che tutti gli indagati, se lasciati in libertà, commettano altri gravi delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede», spiega il gip di Bologna che sottolinea anche il pericolo di fuga.
«Gli indagati di origini calabresi, già gravati da precedenti giudiziari in grado di appesantire la loro posizione sanzionatoria, beneficiano certamente dell'ulteriore livello di protezione garantito dalle famiglie di appartenenza - sottolinea -, e di sicuri agganci nei circuiti criminali che possono agevolarli nel rendersi irreperibili e sottrarsi ai provvedimenti giudiziari».