L'arte bianca
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CROTONE La vertenza dell'Abramo customer care tiene ancora con il fiato sospeso centinaia di famiglie e i sindacati hanno espresso la loro preoccupazione al termine dell'incontro avuto lo scorso 7 maggio con l'assessore regionale al Lavoro, Giovanni Calabrese.

Natale al Centro Comune di Crotone
Natale al Centro Comune di Crotone

«Abbiamo sottolineato – hanno riferito nell'occasione i sindacati - la nostra preoccupazione sui tempi di realizzazione del protocollo d'intesa che, come specificato dal presidente Occhiuto al Ministero, non saranno brevi e, pertanto, difficilmente potranno incastrarsi con i termini della procedura di Amministrazione straordinaria che, invece, sta per giungere al termine». A fare chiarezza sull'argomento è Giuseppe Donnici, esperto in procedure concorsuali che sta seguendo la crisi aziendale sin dal primo momento.
Avvocato, in città serpeggia nuovamente la paura dei licenziamenti dei dipendenti di Abramo customer care. A che punto si trova la vicenda giudiziaria?
«L’amministrazione straordinaria prevede l’esecuzione di un programma di cessione aziendale da completarsi entro dodici mesi prorogabili per altri 12. La scadenza del secondo anno è prevista per il 7 agosto 2024 ma, ad oggi, non abbiamo certezze sulle ipotesi di cessione».
Cosa succede dopo il 7 agosto? Sarà possibile ottenere un’altra proroga?
«Personalmente ritengo che la soluzione debba concretizzarsi prima della scadenza. Non ha senso discutere di altre proroghe per una serie di motivi evidentissimi: il primo riguarda la normativa. L’ulteriore proroga, peraltro di soli 3 mesi, è prevista dall’articolo 66 del decreto legislativo numero 270 del 1999 e riguarda solo i casi in cui si deve perfezionare una cessione che è già a buon punto mentre noi, ad oggi, non sappiamo neanche se c’è una ipotesi di cessione. Quindi, già solo per questo motivo, ritengo assolutamente inopportuno parlare di proroghe anche per una questione di rispetto nei confronti dei dipendenti. Inoltre, non sappiamo cosa vorrà fare Tim rispetto alla scadenza del prossimo 30 giugno. Ricorderete tutti che poco prima di Natale Tim aveva deciso di chiudere il rapporto con Abramo customer care per poi prorogarlo di sei mesi, quindi fino a giugno 2024».
Si sente parlare, tante volte a sproposito e senza competenze specifiche, di normativa civile sulla cessione dell’azienda e di clausola sociale. Noi ci eravamo già occupati di questo aspetto in una precedente intervista, ma visto che il tema è ritornato in auge, potrebbe, cortesemente spiegarci se l’applicazione tutela veramente tutti o meno?
«Iniziamo col dire che l’argomento è complesso e chi tende a semplificare purtroppo ignora le recenti modifiche legislative. La legge 169 del 2023, per esempio, in esecuzione ad una vecchia direttiva comunitaria, ha introdotto una breccia all’applicazione dell’ articolo 2112 del Codice civile ritenendolo inapplicabile nel caso di cessioni avvenute nel contesto di un programma di liquidazione come quello che interessa Abramo customer care. L’attenzione si è spostata sulla continuità economica fra cedente e cessionario e ha reso la disciplina meno fluida. Per quanto concerne la clausola sociale dobbiamo stare attenti su come viene divulgato questo strumento. Mi spiego: la normativa specifica che l’applicazione della clausola può avvenire solo in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center. Significa che esistono due presupposti, il primo consiste nel fatto che deve esserci lo stesso committente (Tim, per esempio) e il secondo che venga gestita la medesima attività. A questo punto, provocatoriamente mi domando: Abramo gestisce solo attività di Tim, cosa succede se Tim non garantisce più i volumi? Questa eventualità impatta, ovviamente, sull’equilibrio che la legge sulla clausola sociale intende tutelare e, quindi, dal punto di vista normativo, rimaniamo ancora nell’ambito della legge 11 del 2016 (quella che disciplina la clausola sociale)? O dobbiamo parlare d’altro?».
Cosa si sente di dire ai dipendenti?
«Nulla di più rispetto a quello che ho sempre detto. Questa azienda non produce scarpe, ma da 26 anni offre servizi in un mercato violento e in continuo cambiamento. Per me l’unico motivo è riconducibile alla loro bravura. Quindi chi usufruirà delle loro capacità, farà un vero affare».
La città e le istituzioni vi sono vicine?
«La gente comune è sempre stata al nostro fianco e, in questo momento, vorremmo che lo fosse ancora di più. Stiamo preparando una serie di iniziative per tenere alta l’attenzione e siamo certi che saranno partecipate. Naturalmente, a tempo debito, tutti tireremo le somme rispetto a chi si è speso di più e chi lo ha fatto di meno».
Stiamo andando verso i licenziamenti? cosa succederà se dovessero chiudere i battenti?
«Sono ipotesi che, per quanto mi riguarda, non sono contemplabili. Difenderemo la città ed i posti di lavoro fino alla fine».