"Il Monaco che vinse l’Apocalisse": Jordan River esplora Gioacchino da Fiore
Intervista al regista in concorso al prestigioso premio "David di Donatello" con il suo film realizzato tra la Sila e il Marchesato crotonese
CROTONE Il film “Il Monaco che vinse l’Apocalisse“, dedicato alla vita di Gioacchino da Fiore, è in concorso al prestigioso premio David di Donatello.
Questo riconoscimento rappresenta un ulteriore traguardo per una pellicola che continua a conquistare pubblico e critica, raccogliendo numerosi premi in vari festival cinematografici, come tra cui il Global Music Awards per la colonna sonora del pluripremiato compositore Michele Josia a Los Angeles, e un premio a Londra per la sceneggiatura. E ancora il “Premio Best Script Award” nella sezione Best Historical Screenplay, e alla XX edizione del Terni Film Festival.
Gioacchino da Fiore è una figura storica di grande rilevanza, noto per le sue visioni profetiche e teologiche che hanno influenzato profondamente la cultura religiosa del Medioevo. Il film esplora la vita di questo monaco, mettendo in luce le sue idee innovative e il suo impatto duraturo sulla teologia cristiana.
Intervista al regista Jordan River
Perché un film su Gioacchino da Fiore Abate e filosofo ?
«Volevo realizzare qualcosa di interessante, affrontando temi come quelli del superamento e dell’impermanenza della vita terrena. E quindi l’attenzione si è rivolta al pensiero di questo grande personaggio della cultura italiana che è appunto Gioacchino da Fiore».
La Divina Commedia è ispirata al poema “De Gloria Paradisi” scritta da Gioacchino da Fiore. Dante inserisce l’Abate tra gli spiriti sapienti. Il Sommo Poeta utilizza molto la simbologia diffusa dal Gioachinismo. Oggi l’umanità riesce ancora a cogliere la valenza dei simboli come invece accadeva nel Medioevo?
«Inserendo Gioacchino da Fiore nel Paradiso della Divina Commedia Dante lo ha reso atemporale. Il capolavoro dantesco dei tre regni è fortemente impregnato del pensiero di Gioacchino da Fiore rendendo così la commedia ‘divina’ perché ispirata da un certo “spirito profetico”. Il poeta fiorentino non ebbe tra le mani soltanto il De Gloria Paradisi, ma anche altri scritti di Gioacchino, tra cui certamente il Liber Figurarum , poiché vi sono delle terzine dantesche che descrivono proprio alcune illustrazioni del Libro delle Figure realizzate dall’Abate e dai monaci florensi oltre un secolo prima di Dante».
Cosa può insegnare Gioacchino da Fiore vissuto nel medioevo all’uomo del nostro tempo? E’ ancora attuale?
«Vede, le profezie non sono vincolate alla moda del momento, ma esse oltrepassano il luogo e il tempo. Proprio perché ‘rivelazioni’, la vista guarda lontano e su un periodo abbastanza ampio. Gioacchino da Fiore è stato annunciatore del Terzo Tempo della Storia della salvezza. Nonostante visse nel XII secolo, egli profetizzò la dilazione del tempo della salvezza legata al terzo tempo dello Spirito, vale a dire questo il periodo che interessa noi, il tempo in cui viviamo e che stiamo attraversando. Quindi il messaggio di questo personaggio è senz’altro attualissimo».
Al termine del film, dopo la battaglia con il drago, appare una cosa alquanto strana : un uomo asiatico. Come mai ha fatto questa scelta? Cosa rappresenta?
«La figura dell’orientale nel film ha suscitato molta curiosità. Rappresenta Il Guardiano della Soglia, un personaggio che non appare soltanto nel finale de film, ma anche all’inizio, durante il sogno. È un po’ l’Alfa e l’Omega. Il Guardiano della Soglia scompare nell’istante in cui Gioacchino si sveglia dal sogno e apre gli occhi. Un personaggio ultraterreno che si trova appunto sulla soglia, tra il mondo fisico e quello metafisico. È a tutti gli effetti un Guardiano che svela a Gioacchino nel sogno i misteri divini e lo accoglie nell’Aldilà spalancandogli la porta verso l’eternità. Il messaggio del Terzo Tempo della Storia della salvezza di cui parla Gioacchino da Fiore non si rivolge soltanto a una razza, religione, lingua, cultura, ma diventa appunto un messaggio universale. Questo messaggio di una visione globale è ben presente anche nelle Sacre Scritture, di cui Gioacchino è stato grande interprete. Infatti nella Bibbia al versetto 24:27 Matteo ci parla di unione tra Levante e Ponente e dice “Come la folgore viene da Oriente e brilla fino a Occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo”. Non bisogna infine dimenticare che Gioacchino da Fiore, per fondare la sua prima Abbazia, scelse le montagne della Sila, un territorio che volle chiamare “Fiore”, che nella tradizione ebraica sta per “Nazaret”. Simbolicamente il fiore scelto da Gioacchino era il Giglio bianco, che rappresenta l’Annunciazione. In una visione gioachimita, questo luogo può considerarsi come la nuova “Nazaret” in cui annunciare il Tempo dello Spirito, ossia il tempo dell’Amore Universale».
Flavia Lombardo