Naufragio Cutro, ''Il cavallo e la torre'' di Marco Damilano in diretta da Crotone
ROMA È la notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023. Un caicco partito dalla Turchia con a bordo circa 180 persone si spezza in due, arenandosi tra la violenza delle onde contro una secca a pochi metri dal litorale di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. È una tragedia: 94 vittime, con 34 bambini, e un'inchiesta della magistratura ancora in corso per omissione soccorro e disastro colposo.
A raccontarlo un anno dopo è Marco Damilano con un appuntamento speciale de "Il cavallo e la torre", realizzato direttamente sui luoghi del naufragio, il 23 febbraio alle ore 20.40 su Rai3.
«È la prima volta che la trasmissione esce dallo studio - racconta il giornalista all'Ansa -. Volevamo portarci nel luogo di una vicenda tra le più drammatiche degli ultimi anni e che in questi mesi abbiamo sempre raccontato, cercando di ricostruire cosa è accaduto e chi doveva intervenire. Mi sembrava giusto, in un fine settimana affollato di celebrazioni, essere una sorta di anteprima. Ci saremo, ovviamente, anche alla manifestazione di domenica come alla veglia del 26 alle 4 di notte, l'ora del naufragio».
Ad accogliere il programma, quello stesso PalaMilone di Crotone che un anno fa vide le lunghe file di bare delle vittime e dove il presidente Mattarella andò a portare il dolore di tutto il Paese.
«Nel parterre avremo parenti delle vittime e sopravvissuti, le associazioni, il sindaco di Crotone e alcuni testimoni. Sono contento - riflette Damilano - che la Rai stia sostenendo con tutta la struttura produttiva questa serata speciale, che sicuramente è qualificante per il servizio pubblico. Quella di Cutro - prosegue - io la chiamo strage, non naufragio, per il numero di morti, per le responsabilità ancora da accertare ma visibili nella dinamica dei fatti. C'è un Paese che si è sentito ferito e vuole dare giustizia alle famiglie delle vittime, perché crede che sia un dramma di tutti e non solo di chi è rimasto coinvolto o, peggio ancora, di chi viene considerato straniero».
Nelle ore successive, un anno fa a Cutro arrivò anche il ministro dell'interno, Matteo Piantedosi, le cui affermazioni fecero molto discutere ("non bisogna partire"). Lì fu indetto il Consiglio dei ministri da cui uscì il decreto annunciato come un momento di "svolta" nella lotta ai trafficanti di esseri umani.
I parenti delle vittime furono accolti dalla premier Giorgia Meloni dieci giorni dopo a Palazzo Chigi. Ma fu davvero una svolta? «Non direi - risponde Damilano -. Fu promesso un rapido ricongiungimento familiare dei sopravvissuti e che i loro parenti sarebbero potuti arrivare tramite corridoi umanitari. Fu un impegno dichiarato dalla presidente del Consiglio persino sul piano personale, oltre che istituzionale, invece proprio quel decreto concedeva un permesso speciale che però non permette il ricongiungimento. C'è stato un inasprimento di azioni nei confronti dei trafficanti, ma non c'è la possibilità legale di arrivare in Italia senza affidarsi a loro per chi invece avrebbe diritto di asilo perché scappa da Paesi come l'Afghanistan o l'Iran».
A Cutro «si videro quasi due Italie distinte: da una parte il Palazzo, dall'altra il dolore delle persone. Un doppio binario importante di fronte a un senso di umanità che diventa anche valore politico». Perchè, conclude, «stiamo parlando non di un'invasione, né di milioni di persone, ma di individui che potrebbero essere accolti, con corridoi umanitari, ingressi legali e con un sistema di accoglienza diffusa che è stato smantellato. Su questi punti non solo non è stato fatto niente, ma sono stati fatti passi indietro. Anche per questo, cercheremo di raccontare cosa è successo quella notte e cosa ha lasciato come impegno, perché non succeda più».