Il ballottaggio ha riaperto le danze.
Girovagando intorno al castello
e per quanto visto mi tolgo il cappello
nei confronti di chi ha gestito il paese
portando tutti a non avere pretese.
Nessuno ha più la forza per reagire
ma solo motivi per lasciarsi morire.
Ho visto pure chi vuol la poltrona,
e senza ritegno a tutti si prona
e pure tanti di quei candidati
che sono a una vita disoccupati
che hanno promesso senza risparmio
lavoro a tutti con grande guadagno.
Che faccia tosta, non hanno ritegno
dare per certo un grande impegno
pur sapendo che non manterranno:
non potran dare ciò che non hanno.
Ma ora parlo di chi avuto denaro
da tutti deriso calcolato un somaro
perché ha speso oltre il dovuto
e il risultato manco lo ha avuto:
Io son sicuro che lo conoscete,
crede d’essere più prete d’un prete.
Nel manifesto ha un buffo sorriso,
non pare a nessuno un fiordaliso
al massimo, solo un fiore di zucca
o persona, che ha preso una ciucca.
Io più di tanto, in questo non vedo
e la confidenza non gli concedo,
ma devo dire che lo vedo deluso
ora cammina con tre palmi di muso.
Anche chi si sentiva un Sansone
è stato colto da gran delusione
con solerzia ha sfasciato il partito
ma certo la gente non l’ha seguito
a dare il voto alla nuova alleanza
ora travolta da gran mal di panza.
Perciò proseguo la mia tiritera
cercando di dire la cosa più vera:
il ballottaggio ha riaperto le danze
e non concede di certo vacanze
almeno a quelli che sono costretti
e son legati come tanti capretti,
perché secondo la legge vigente
il primo turno è un dato apparente.
È l’altro voto che divide la torta
e i consiglieri al comune trasporta.
Perciò ai due non posso che dire
dipende da voi come condire
codesta insalata di pomodoro
che a nessuno ha dato decoro
ma solo rabbia per com’è finita
e a qualcuno gli accorcia la vita.
Questa storia non è certo bella
mi ripeteva stamane Carella
e ripensandoci lo condivido
anche se ci scherzo e sopra sorrido.
Ma sono stanco di stare a guardare
chi sta soltanto a tirare a campare
perciò mi accampo davanti al portone
del castello di cui sono il padrone.
Don Pedro de Toledo