È la drammatica testimonianza di Almolki Assad, un cittadino siriano superstite del naufragio del barcone di migranti del 26 febbraio a Steccato di Cutro.
Il giovane è stato sentito stamani dal gip del Tribunale dei minorenni di Catanzaro nel corso della quarta udienza per l'incidente probatorio nell'inchiesta sul presunto scafista 17enne.
«Ho preso mio fratello - ha raccontato - e ci siamo buttati a mare. Eravamo tutti nel panico. Sono rimasto tre ore in acqua, sin dalle 4. Il bimbo è morto dopo un'ora. È rimasto sempre nelle mie braccia. Non l'ho lasciato andare dopo che è morto».
Il giovane, che si è salvato insieme allo zio sentito nelle scorse udienze, ha riferito di essere stato soccorso in mare dalla Guardia costiera. «Ci siamo fatti sentire - ha detto - e ci hanno recuperati. Ci siamo salvati grazie a un pezzo di legno, altrimenti eravamo tutti morti. Sono svenuto sulla barca della Guardia costiera, sono stato condotto in porto e da lì mi hanno portato in ospedale».
«I soldi - ha aggiunto confermando il racconto di un altro superstite - gli organizzatori li hanno presi nonostante il naufragio, anche quelli di mio fratello. Pensate a questa tragedia - ha detto Assad - come se fosse vostra. Gli organizzatori del viaggio hanno ammazzato mio fratello e io di sicuro non scorderò nulla».
In precedenza, una donna somala, ha raccontato che «la barca andava veloce, poi c'è stato un urto. Mi sono aggrappata ad un pezzo della barca e quando sono arrivata a terra c'era un soldato italiano che mi ha salvata. Sono stata in acqua circa un'ora perché le onde mi riportavano indietro. Eravamo in tre amici. Un'altra donna è dispersa, l'uomo l'ho trovato a terra. Gli scafisti non hanno aiutato nessuno di noi a salvarsi». (ANSA)